Gli indios hanno vinto. Il tribunale dello Stato del Parà, infatti, ha bloccato il progetto per la costruzione della mega-diga di Belo Monte “per motivi si salvaguardia ambientale”. Proprio quello che sostenevano gli oltre cinquecentomila indios dell’Amazzonia. Secondo il giudice, chi aveva deciso di realizzare la diga, non aveva rispettato una lunga serie di requisiti assolutamente necessari.
Ma il giudice non si è fermato a questo: ha anche ordinato alla banca del governo (la Bndes) di bloccare tutti i finanziamenti per l’opera. La sentenza è la prima vera sconfitta del nuovo governo di Dilma Rousseff. Per il Planalto, infatti, la diga di Belo Monte era un pezzo fondamentale del nuovo piano energetico del Paese.
Il governo federale, pur di realizzare l’infrastuttura, aveva messo sul piatto due cifre: 19 mila posti di lavoro necessari per la costruzione della diga e la produzione di elettricità che avrebbe soddisfatto il fabbisogno di 23 milioni di abitazioni. Ma il giudice è stato sordo anche a questi numeri. Secondo lui, la costruzione della diga avrebbe comportato l’interruzione del fiume Xingù, uno dei più incontaminati di tutta l’America del Sud e l’allagamento di una riserva dove attualmente vivono migliaia di indios.
Nei mesi scorsi gli indios avevano fatto sentire la loro voce raccogliendo centinaia di migliaia di firme. Guidati dal mitico cacicco Raoni erano pure andati a manifestare a Brasilia. «Voi bianchi ci avete già preso tutte le terre, adesso lasciateci almeno quelle che ci avete concesso», aveva detto quel giorno Raoni. «Quelle terre sono sacre per i nostri popoli, l'uomo bianco deve smetterla di aggredirci nel pensiero e nello spirito, adesso che non può più aggredirci fisicamente», aggiunse il capo degli indios. Ieri, la vittoria in tribunale.
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