Forse non tutti sanno che in Brasile c'è modo e modo di andare in galera. Nel senso che ci sono prigioni "speciali" non solo per le cosiddette autorità (Presidente della Repubblica, ministri, deputati e senatori, governatori degli Stati, giudici e pm, sindaci e consiglieri comunali e regionali), ma anche per i laureati e i "ministri del culto", insomma: sacerdoti, pastori, vescovi.
E così succede che se, per esempio, un operaio ammazza la moglie, questo va - ovviamente - in galera assieme agli altri assassini. Ma se quello che ammazza la moglie è laureato, allora la situazione cambia: va in una "prigione speciale", dotata di tutti i conforts. Insomma, la libertà viene negata a tutti, ma per potenti e colti la pena diventa meno severa.
Da due anni, il Parlamento ha cominciato a lavorare ad una riforma per abolire questi privilegii. Secondo il progetto di riforma, la "prigione speciale" potrà essere concessa - indipendentemente dal censo e dal titolo di studio - se il detenuto, in un carcere normale, rischia la vita.
Ma, attenzione, la riforma salva i politici (dal capo dello Stato ai consiglieri comunali) e i magistrati. Insomma, i fregati resterebbero "solo" i laureati e i preti.
La riforma, che ancora non riesce ad essere varata dal Parlamento, non piace all'Ordine degli avvocati secondo il quale "invece di fare demagogia togliendo la prigione speciale a pochissime persone, il governo farebbe bene a migliorare le condizioni dei detenuti comuni nelle carceri comuni". Questa dichiarazione risale ad oltre un anno fa, quando il governo era presieduto da Lula e ministro della Giustizia era Tarso Genro. Ma non pare che la voglia di riforma sia diminuita col governo di Dilma. Resta il fatto che questa legge costituzionale continiua a far la spola tra Camera e Senato e che il Brasile resta uno dei pochi Paesi al mondo con una prigione per i colti e una per gli ignoranti.
Nessun commento:
Posta un commento