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giovedì 3 febbraio 2011

Brasilia, la capitale che non piace
all'architetto che la inventò



Brasilia, per chi non lo sapesse, è la capitale più “giovane” del mondo: il 21 aprile compirà “appena” 51 anni. La capitale del Brasile, costruita in soli 41 mesi, è il risultato di un progetto urbanistico studiato a tavolino avviato dall’allora Presidente Juscelino Kubitschek e realizzato dagli architetti Oscar Niemeyer, Lúcio Costa e Burle Marx. E' nata con l’obiettivo di creare una capitale per il Brasile, che sorgesse in un punto strategico nell’entroterra del Paese. E del resto, era proprio la Costituzione stabiliva che la capitale sarebbe dovuta essere trasferita da Rio De Janeiro.

Sin dalla seconda metà del 1700, erano iniziate a sorgere idee in questo senso, ma fu nel 1955 che si diede inizio alla reale costruzione della città – un avvenimento che coinvolse lavoratori provenienti da ogni angolo del Brasile (i cosiddetti Candangos). Kubitschek fece appello al senso patriottico dei brasiliani, affinché tutti sostenessero la nobile causa. Una leggenda afferma che nel 1883 il sacerdote italiano Giovanni Bosco ebbe un sogno profetico, in cui descrisse una città futuristica che corrispondeva più o meno all'ubicazione di Brasilia. Oggi, a Brasilia, vi sono numerosi riferimenti a questo educatore che fondò la Congregazione dei Salesiani. Una delle principali cattedrali porta il suo nome, cosí come l'"eremida Dom Bosco", punto panoramico dove Giovanni Bosco avrebbe affermato che sarebbe nata questa città "dai frutti giganteschi".
Il piano era dettagliato e meticoloso. Stabilisce quali zone devono essere residenziali, quali commerciali, quali bancarie, quali ospedaliere. Limita le aree industriali, le zone in cui certi edifici possono essere costruiti e quanto questi edifici possono essere alti, ecc. Gli edifici residenziali presenti nel Plano Piloto, per esempio, possono avere un'altezza massima di sei piani, organizzati in accordo con le coordinate cardinali che fungono come indirizzo.

Oscar Niemayer, che ha appena compiuto 103 anni e che continua a lavorare (per non annoiarsi, l’anno scorso ha pure scritto un samba) ha dunque inventato una città nel mato più arido e abbandonato del paese. Vista dall’alto, Brasilia è una scultura, come un gigantesco uccello, le ali destinate a condomini, piccolo commercio, scuole, e il corpo e la coda che vanno dalla torre della radio, futuristica negli anni 60 e oggi un po’ retrò, fino al Palácio do Planalto, il palazzo presidenziale, attraversando la spianata dei ministeri, dove si allineano i palazzoni del poteri. Tutti uguali, tranne i due simbolicamente più importanti – Affari e esteri e Giustizia – circondati da specchi d’acqua e svelte colonne di cemento. Un ampio viale ad alta velocità, chiamato Eixo Rodoviário o "Eixao", collega le due ali tramite un sottopasso che scorre sotto la stazione centrale degli autobus, dove sono situati il distretto bancario e quello alberghiero. Gli indirizzi 100 e 300 stanno sul lato ovest dell'Eixo, e i 200 e i 400 sul lato est. Lungo queste strade vi sono le aree residenziali chiamate Super Quadra Sul e Super Quadra Norte. Sono costituite da blocchi di 11 condomini, di tre o sei piani: ogni edificio è identificato da una lettera. Fra i blocchi sono situate scuole e chiese per i residenti. Le strade commerciali tipicamente separano una Super Quadra dall'altra. Una delle idee chiave che hanno guidato la pianificazione urbana è stata quella di facilitare la circolazione delle automobili: fino a qualche anno fa, a Brasília non esistevano i semafori – tra i viali e le immense rotonde, i veicoli circolavano senza particolari ostacoli. Attualmente, poiché nel progetto-pilota (Plano Piloto) erano previsti 200.000 abitanti, il piano urbanistico è divenuto obsoleto. La soluzione adottata dalla città è stato il tracciamento di migliaia di strisce pedonali su tutte le strade.
Come monumento, Brasilia è bella. E inquietante come un sogno che, poco alla volta, ha lasciato spazio ad un risveglio poco piacevole. La città, negli anni, si è gonfiata senza mai crescere davvero. E’ il centro del potere di una delle grandi nazioni i del mondo, sede di una burocrazia forte e a suo modo orgogliosa. Tante università, di cui una – la Università nazionale di Brasilia –tra le migliori dell’America Latina. Le ambasciate e le organizzazioni internazionali hanno creato il mercato per high-school americane e negozi di vini italiani, formaggi francesi, televisori ultrapiatti giapponesi. Tanti centri commerciali, ma pochissime librerie, pochi cinema, quasi nessun teatro. Manca un centro in cui camminare o fermarsi a bere un caffè: tutto è a misura di automobile. Il week-end è un deserto. Chi può, prende l’ultimo aereo il venerdì sera per fuggire in una città “normale”. Chi resta, passa le giornate nei club con un po’ di verde e qualche piscina che abbondano nei dintorni.
Chi vive a Brasilia non l'ama granché. Uno dei commenti più diffusi è che si tratta di un luogo anacronistico, progettato con criteri stalinisti. Nella visione socialisteggiante degli anni Cinquanta, Brasilia è una città pensata a blocchi che nello scontro con il disordine della vita quotidiana ha avuto la peggio creando situazioni spesso ridicole. Un esempio: tutti i negozi di ferramenteria ed elettricità sono concentrati nella stessa strada. Saranno cinquanta uno di fronte all'altro. Poi, per chilometri quadrati, non ne esiste alcuno. Stesso discorso per gli alberghi, tutti nello stesso quadrilatero, o per i ministeri, tutti uno dietro l'altro. L'idea di Niemeyer era la cellula abitativa urbana, intorno ad ogni edificio doveva esserci tutto quello che poteva servire ai suoi inquilini. Una farmacia, un bar, una panetteria, in modo che non fosse necessario spostarsi: un incubo di controllo sociale peggiore di quelli immaginati da Orwell.
Niemeyer, anni dopo, ci ha ripensato: «L'ultima volta che ho visto Brasilia - ha detto in una recente intervista -  ho percepito con chiarezza la necessità di una piazza monumentale per la capitale di un paese tanto ammirato come il nostro». E pregava tutti di ripensarci sostenendo che è una «bestemmia» l'idea che uno dei suoi creatori non possa intervenire sulla sua creatura. Ma Brasilia, la sua creatura, gli ha detto di no e il suo progetto è stato respinto. E affiora qualchew rimorso: "So bene che Brasilia non è una città del futuro, perché è stata costruita in un regime capitalista, in cui la ricchezza di pochi si basa sulla povertà di molti. La vera città del futuro, quando sarà possibile costruirla, avrà altre basi, sarà più umana, più orizzontale, più ugualitaria".
Brasilia è una città per benestanti. I ceti sociali più poveri, infatti, vivono nelle cosiddette “città satelliti”, come Santa Maria, São Sebastião, Gama, Ceilândia e Sobradinho. Questi centri sono collegati alla città da autobus.

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