Se ti piace il blog... clicka MI PIACE

Cerca nel web

venerdì 8 aprile 2011

Pugno di ferro contro la deforestazione,
il Brasile ci prova in Amazzonia

Il rio delle Amazzoni

Per combattere la piaga della deforestazione, il Parlamento brasiliano sta esaminando un disegno di legge che chiuderà per almeno sei mesi tutte quelle imprese che lavorano con legno estratto illegalmente dai boschi. Il disegno di legge prevede che tutte le aziende che lavorino, trasportino, conservino o vendano legno preso da quegli alberi che si trovano in zone protette, abbiamo “sospesa per 180 giorni il Cnpj (la partita Iva brasiliana)”.
Se la società, dopo essere stata sanzionata, ci riprova, vierne cancellata dal registro delle imprese. E non solo: i legali rappresentanti saranno inibiti a vita dall’aprire una nuova attività imprenditoriale. Secondo il deputato Thiago Peixoto, che ha presentato il disegno di legge, il pugno di ferro è ormai indispensabile per bloccare la deforestazione del Brasile. Le leggi, in realtà, esistono anche oggi, ma prevedono solamente multe e, in alcuni casi, il sequestro della merce. Troppo poco, a quanto sembra.
Solo tra l'agosto 2009 e l'agosto 2010, 15.900 ettari di foresta sono stati distrutti a São Felix do Xingu, in Amazzonia. A dicembre dello scorso anno, Lula – prima di cederer la presidenza a Dilma Rousseff, aveva dichiarato con orgoglio che pewr la èprima volta nella storia del Brasile, il disboscamento aveva cominciato a registrare una tendenza contraria. In breve, ogni anno si tagliavano meno boschi dell’anno precedente. E l’impoegno assunto era quello di ridurre entro il 2020 il tasso di disboscamento dell’80 per cento. Ma alcuni analisti, pur confermando i dati di Lula, hanno obiettato che la riduzione non era causata da un più efficace intervento del governo, ma dal calo delle esportazioni di soia. I piantatori brasiliani di soia, nel 2006, si sono impegnati a non mettere in commercio soia proveniente da aree deforestate. Il rapporto sembrerebbe indicare che, in linea di massima, l’impegno viene rispettato. Secondo gli ambientalisti comunque i meccanismi di controllo non sono perfetti.
Poi ci sono le responsabilità pubbliche. Nel 2008, il Parlamento brasiliano ha approvato una legge che proibisce alle banche di istruire le pratiche e concedere finanziamenti pubblici a a imprese “con irregolarità ambientali e lavorative”. Ma, nei giorni scorsi, ad incappare in diverse denunce, è stato proprio il Banco do Brasil, la maggiore banca pubblica del Paese. “Ha autorizzato crediti ad aziende responsabili della deforestazione dell’Amazzonia e dello sfruttamento del lavoro in forma di schiavitù”, ha denunciato lo Stato amazzonico del Pará che ha rivolto la stessa accusa anche al Banco da Amazonia. I pubblici ministeri del Pará hanno riferito di aver individuato 55 prestiti illegali, per un valore di cinque milioni di dollari, elargiti dal ‘Banco do Brasil’ e altri 37, per un valore di 11 milioni di dollari. “La scoperta di queste irregolarità dimostra che è un problema generalizzato e comprova studi che stabiliscono una relazione diretta tra i prestiti di denaro pubblico e la deforestazione”, si legge in una nota. Sotto accusa è finito anche l’Istituto nazionale di colonizzazione e riforma agraria (Incra) per “l’inefficienza” nei controlli delle proprietà rurali amazzoniche. Il ‘Banco do Brasil’, principale finanziatore del settore agricolo, ha negato ogni addebito, riservandosi di valutare “caso per caso” le denunce.







Se non volete perdere gli aggiornamenti di questa pagina, basta solo iscriversi gratuitamente al blog.
Email Address:
Powered by Feed My Inbox

Nessun commento:

Posta un commento

Vota +1 se ti piace questo post