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lunedì 4 aprile 2011

"Congratulazioni, sono nati tre gemelli",
"Grazie, ma ne prendo solo due"



“Congratulazioni, lei è diventato padre di tre gemelli”. L’uomo ascolta e poi, senza pensarci su, risponde all'allibito ginecologo dell’ospedale: “Grazie, ma io ne voglio solo due, del terzo ne faccia ciò che vuole”. La prima decisione, però, l’ha presa un giudice dei minori il quale ha tolto alla coppia la patria potestà dei tre figli.

Questa storia, che potrebbe avere dell’incredibile, è accaduta a Curitiba, nel sud del Brasile. La mamma, che non riusciva ad avere un figlio, si era sottoposta ad una cura contro l’infertilità. Poi l’inseminazione artificiale (un ovulo già fecondato è stato inserito nell’utero della donna). Il risultato si è visto a gennaio, con un parto trigemino. Un’ipotesi, questa, che la coppia, appartenente alla buona borghesia del Paranà, conosceva bene, visto che era stata prospettata come probabile dai medici. I bimbi stanno bene. Solo uno di loro, quello “scartato”, ha una lieve insufficienza polmonare.
I medici dell’ospedale hanno tentato vanamente di convincere i due a prendersi i tre bimbi. E così è intervenuto un giudice che ha tolto alla coppia la patria potestà e fatto portare i piccoli in un nido pubblico in attesa di essere adottati.
Karan Abou Saad, il medico che ha seguito il caso, è incredulo: “In 36 anni di carriera non avevo mai visto una cosa simile”.
Adesso la coppia si è rivolta all’avvocato. Margareth Zanardini, il legale che rappresenta la coppia, minaccia sfracelli. Afferma che la mamma, nei giorni in cui è stata in ospedale, ha allattato i tre piccoli, senza fare alcuna differenza tra di loro. Per il resto – e cioè la decisione di portarne a casa solo due – l’avvocato non dice nulla “per rispetto del segreto giudiziario”. Quello che dice è che adesso i genitori vogliono tutti i bambini e per questo si è rivolta al giudice d’appello: “Se la giustizia brasiliana non ci darà ragione – dice – ci rivolgeremo alle corti internazionali per far valere il diritto di ogni bambino a vivere con i propri genitori”.









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